I cinema di Milano e la ripartenza: «Fatturati dimezzati con la pandemia, ma ora si può tornare in sicurezza»- Corriere.it

2022-07-30 11:46:03 By : Mr. Andy Yu

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Nel 2019 il settore si era riavvicinato alla media storica nazionale di 100 milioni d’ingressi l’anno, di cui un quarto in Lombardia. Dalle restrizioni alla concorrenza delle piattaforme streaming. Gli esercenti: «Servono film di qualità, oggi si produce tanto ma con poco criterio»

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Quanto sfarzo e benessere alle mostre del cinema . Il tappeto rosso, statuette e stati euforici, paparazzi e grande bellezza, divi e glamour, la cultura ruminando tartine. L’evento che non conosce crisi ma che stacca pochi «dividendi» alle sale col grande schermo, dove i film sembrano perdere forza attrattiva, al contrario delle piattaforme streaming con spettacoli a portata di tablet, computer e smart tv: l’«ossigeno» del lockdown, il freno al ritorno in presenza. «È un grande rammarico, perché il 2019 era stato un anno positivo con fragranza di nuova primavera — spiega Domenico Dinoia, presidente della Federazione italiana cinema d’essai —. Il settore si era riavvicinato alla media storica di 100 milioni di ingressi l’anno, con la Lombardia ad assorbirne circa un quarto, invece ora, a fine luglio, siamo a quota 22 milioni, la perdita di pubblico stimata è del 60 per cento».

Dinoia ha anche rilanciato con altri soci lo storico monosala Palestrina , una delle 17 strutture cinematografiche di Milano (78 gli schermi totali in città), arrivando a staccare un massimo di 41 mila biglietti prima del biennio 20-21, quando chiusure e capienza limitata hanno ridotto le presenze di un terzo. Profondo rosso. Come al Cinemino , recente spazio culturale da 74 posti in via Seneca: la pandemia ha sgonfiato il fatturato del 50 per cento , ma quello parziale di quest’anno è già vicino all’incasso 2021.

La scure della crisi, con annesse proteste di vicinato, ha colpito secco poco più in là, sempre a Porta Romana, dove è stata annunciata la chiusura del Wanted Clan di via Vannucci , nicchia con appena 25 posti ma a quanto pare troppo rumorosa: colpa dell’impossibilità di provvedere a lavori di insonorizzazione per un valore superiore a 30 mila euro. «Siamo stanchi di lottare, il Covid era un nemico che valeva la pena affrontare, un vicino di casa anche no» motiva Anastasia Plazzotta, presidente dell’associazione che aveva dato vita al progetto.

La ripartenza non c’è stata ma la maggior parte degli esercenti resiste , orgoglio e passione, consapevole che senza sostegni pubblici molte realtà avrebbero visto i titoli di coda. L’obbligo di mascherina in sala fino allo scorso 15 giugno, come nei teatri, è stato un grosso handicap . «Ancora adesso diversi spettatori la indossano, forse temendo di essere più esposti al contagio in un luogo chiuso — conferma Antonio Sancassani , 79 anni, il padrone-veterano del Mexico di via Savona —. Per fortuna sono proprietario dei muri e non pago l’affitto, ma il rincaro energetico è insostenibile con spettacoli al prezzo di 7,5 euro, e poi cibo e bevande non fanno i volumi di un multiplex». Al piacere di essere per il pubblico una garanzia, l’amico con cui divagare al termine di una proiezione meno commerciale, Sancassani alterna un’amarezza beffarda: «Fare pubblicità alle piattaforme on demand sul mio unico schermo».

Oltre la sciagura pandemica c’è la breve vita del film, o meglio la sua limitata permanenza in sala . Oggi l’«esclusiva» per la diffusione non supera quasi mai il mese, con i canali streaming che talvolta strappano l’uscita in contemporanea. Finestre super ristrette. Un cambio di schema che agisce sulle abitudini del fruitore, ora non più «dipendente» dal palinsesto dei cinema ma disponibile ad appellarsi alla pazienza, che è moderata come la spesa per un abbonamento online. «Altrove non è così — ricorda Sancassani —: per esempio l’industria francese ha firmato un accordo con Netflix, stabilendo che l’approdo di un film su piattaforma potrà avvenire non prima di 15 mesi ».

Lionello Cerri, patron di Anteo , dichiara un calo di pubblico del 40 per cento e suggerisce una finestra temporale di almeno 90 giorni: «Oltre a una campagna istituzionale per dire che si può tornare nelle sale in sicurezza , dall’autunno avremo una grande programmazione, ricordando che il cinema è anche un luogo per la socialità».

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Era anche un «set» romantico, quello del primo appuntamento o del primo bacio lontano da occhi indiscreti: l’invito al cinema come dichiarazione d’intenti. «La riconquista degli spettatori non dipende solo dagli esercenti — conclude Dinoia — ma anche dalla qualità: troppi film prodotti e con poco criterio ». Ducale e Arcobaleno invece tacciono, sono già in vacanza, chiusi per ferie, rimandati a settembre in ottimismo.

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