Riflessioni sparse nell’era dei bambini onnipotenti al potere. Per capire (spiegare non è giustificare) cosa sta succedendo realmente in Ucraina – Parte 20 | Korazym.org

2022-06-18 20:44:00 By : Mr. Morgan Hu

Prosegue da Parte 19: QUI. Proseguiamo con la nostra “antologia messo insieme con pazienza” (come è stata definita dall’amico e collega Marco Tosatti), dedicata al conflitto russo-ucraino, con riflessioni sulla guerra in Ucraina. Qui non si fa cronaca di una terribile guerra, di cui siamo già sommersi (non stiamo a ripetere di cui i mainstream media sono già stracolmi), con bassa possibilità di verificare le notizie con cui veniamo bombardati, senza fare un fact checking vero e realmente indipendente. E occuparsi della crisi ucraina significa non solo vedere le atrocità che la guerra porta con sé, ogni guerra, ma anche dedicarsi all’archeologia storica. E facendo ciò si comprende che la questione è un po’ più complicato della scelta pro o contro Putin (anche se “chi studia le complessità e prova a fare analisi è solo un complice di Putin”, un “Putinversteher” da odiare in questi tempi di odio, ma questo non ci fa cambiare idea: non è la pecora nera che è diversa, ma sono le pecore bianche che sono tutte uguali tra loro).

In claris non fit interpretatio «Come un pugno nello stomaco. Violento, tanto da togliere il fiato. Preciso, mirato, tale da non lasciare possibilità di recupero. Chirurgico, che colpisce dove fa più male, che piega qualsiasi forma di resistenza, che inibisce ogni possibilità di replica. La forza della propaganda è questa. Agisce sulla pancia, prima che sulla testa. Stordisce, picchia duro, aumenta il ritmo, mette alle corde. Enfatizza, colora, inventa, sminuisce od esagera a seconda delle esigenze, prepara il terreno per il futuro, addestra, abitua, mortifica e ridicolizza il dissenso, cancella il passato, modella il presente, plasma il futuro. Prima con la fictio pandemica, ora con la guerra in Ucraina, stiamo assistendo alle stesse dinamiche. Alla giustificazione, attraverso la mostrificazione di un individuo, mediante la riduzione a macchiette dei “dissidenti”, delle follie che verranno, delle conseguenze potenzialmente devastanti su economia e tenuta sociale, degli strumenti giuridici e del modus operandi da parte dell’autorità sdoganati durante la lotta al “nemico invisibile”. Non sappiamo cosa stia succedendo realmente nei luoghi che sono teatro dell’efferato conflitto, né se i crimini inevitabilmente commessi in guerra siano opera dell’una o dell’altra fazione in giuoco. Di una cosa però siamo certi: per capire realmente la direzione che stanno prendendo gli eventi, per comprendere le dinamiche caratterizzanti questo periodo oscuro, dobbiamo guardare all’informazione mainstream. In quei volti plastificati, in quei sorrisi di porcellana, in quel coacervo di assurdità sotto i riflettori v’è celata la strada maestra per l’interpretazione dei fatti. Nella scarnificazione della menzogna da salotto, nell’arrivare al midollo eliminando la sovrastruttura, c’è la chiave per decrittare il messaggio.  C’è la reale possibilità d’intendere, che piega potrebbero prendere gli eventi, di qui a poco. Guardate a loro, allo squallore ricoperto di lustrini che incarnano, al servilismo travestito da “competenza” che li caratterizza. Sono più cristallini di quanto possiate immaginare. Ci stanno semplicemente dicendo dove stiamo andando, senza peli sulla lingua: in claris non fit interpretatio» (Weltanschauung Italia). «Fate parlare l’Ambasciatore russo a Roma in televisione. Nella società aperta teorizzata da Popper, tutti hanno diritto di esprimersi. Non è pensabile che, in una società liberale, a parlare sia soltanto il blocco occidentale. Come i soldati difendono il territorio nazionale così i professori universitari difendono il territorio liberale. Non abbiate paura di essere calunniati, ingiuriati o accusati di putinismo. Difendete i valori a fondamento della società libera. Fatelo per le generazioni che verranno, affinché i giovani di domani non siano illiberali e intolleranti come gli adulti di oggi» (Professore Alessandro Orsini).

Oggi ci occuperemo principalmente della “strage di Bucha”, con l’invito a fare attenzione alle “notizie”, in assenza di una verifica indipendente. Altre volte si sono viste stragi utili all’escalation, poi non confermate… Quale sarebbe lo scopo di tutto quello che sta succedendo? Forse tagliare le relazioni diplomatiche e sostituirle con scambi nucleari? L’obiettivo non è più fare la guerra, ma fare espandere della guerra. Sempre di più si sta andando dritti verso la guerra totale… e l’inverno nucleare. «Un ragazzo italiano, che immagino voglia continuare a sedersi sul tappeto volante che gli ha regalato la sorte, fa questa cosetta: si spinge sull’orlo della rottura delle relazioni diplomatiche con la Russia in guerra. Ha già chiamato il presidente russo “un animale”. Sono sue queste belle trovate? Non so. Non sono mie, ma il mio Ministro degli Esteri è lui e le sue iniziative coinvolgono anche me. In altre occasioni mi ha fatto sorridere, o anche ridere. Che male c’è in una persona che fa sorridere, o ridere? Nessuno. Anzi, ti dà un po’ di sollievo, di distrazione. Del resto, non è stato eletto da un partito guidato da un comico di professione? A me Grillo non ha mai fatto ridere, ma molti altri ridono, e votano anche. Adesso però non c’è niente da ridere. Ci sarebbe da ragionare, pensare, prevedere, capire qual è il peggio che si profila e sventarlo, sventarlo prima che accada! Perché lo scopo della politica sarebbe quello: prevedere il peggio, e sventarlo: non redimere il mondo, non instaurare la democrazia e il bene nell’universo, non raddrizzare l’uomo-legno storto. Ma che ne sa il ragazzo italiano? Lui vola, sul suo tappeto volante di sorrisi» (Roberto Buffagni). «La Polonia annuncia di essere pronta a ospitare armi nucleari in funzione anti-russa: “Se gli Usa ce lo chiederanno, lo faremo”, dice il Vice-premier Jaroslav Kaczynski. Bravo, prode Kaczynski, bravo. La dichiarazione ideale per un attacco preventivo della Russia a suon di missili. Ovviamente la propaganda dell’Unione Europea si guarda bene dal dire che queste dichiarazioni ci spingono tutti verso il baratro. D’altra parte, la propaganda in Europa non esiste. Esiste soltanto in casa altrui» (Prof. Alessandro Orsini). «La cosa che più mi sconvolge è la certezza che, se per qualche motivo dovessero uscire fuori prove inoppugnabili che il massacro di Bucha sia stato commesso in realtà dai nazionalisti ucraini come ritorsione nei confronti di presunti collaborazionisti, gli stessi che oggi condannano senza prove e senza appello la Russia, si sperticherebbero per minimizzare la cosa se non addirittura per giustificarla. È evidente che questo episodio serve esclusivamente per togliere aria all’opposizione contro l’escalation della guerra e per far ricadere anche su di loro il marchio di infamia che si sta cercando di attribuire alla Russia. In questo momento combattere l’escalation equivale ad essere marchiati a vita con uno stigma indelebile. A breve anche gli equilibristi si schiereranno, per non essere assaliti da branchi famelici di menti deboli, schiumanti di rabbia indotta con la propaganda» (Giorgio Bianchi Photojournalist). Dopo l’orrore di Toni Capuozzo Blog di Giorgio Bianche Photojournalist, 5 aprile 2022 La prima domanda che mi sono fatto è: pensi che sia impossibile che i russi, ritirandosi, abbiano fatto, per vendetta e odio, una strage di civili? Non lo ritengo impossibile, ho visto troppe volte che la guerra porta a dare il peggio di sé. La seconda domanda è stata: pensi che sia impossibile che gli ucraini, aggrediti, bisognosi di aiuto, ansiosi di coinvolgere la comunità internazionale, abbiano “costruito” la scena? Ho una lunga esperienza, dal Kossovo al Libano, da Betlemme a Belgrado, di situazioni forzate, modificate, usate: in guerra ogni mezzo è buono. In più, in questo caso, ci sono i precedenti della ragazza di Mariupol (diceva la verità allora, o la dice adesso?), il mistero del teatro di Mariupol, i numeri che vengono forniti dalle Nazioni Unite e dagli ucraini su vittime civili e perdite militari russe (sarebbero morti 400 militari russi per ogni civile ucciso…). Il mestiere del giornalista è farsi domande, anche quelle scomode. E allora mi ha sorpreso una sequenza di date: – Il 30 marzo le truppe di Putin abbandonano Bucha. – Il 31 marzo il sindaco, davanti al municipio, rilascia una dichiarazione orgogliosa, sul giorno storico della liberazione. Non parla di vittime per le strade. – Il 31 marzo Maxar Technologies pubblica le foto satellitari che rivelano l’esistenza di fosse comuni attorno alla chiesa. È una scoperta che poteva essere fatta a terra: è la fossa che pietosamente gli abitanti del posto hanno iniziato a scavare il 10 marzo per seppellirvi i propri morti nella battaglia – siamo poco lontani dall’aeroporto di Hostomel – in cui nessuno avrebbe fatto distinzioni tra civili e militari. – Il 1° aprile va in onda a Ukraine TV 24 l’intervista al sindaco. Non è accompagnata da alcun commento su morti per strada. – Il 1° aprile un neonazi che si fa chiamare Botsman posta su Telegram immagini di Bucha. Dice solo di aver trovato un parlamentare, in città, non parla di morti. Ma lo si sente rispondere a una domanda: “Che facciamo con chi non ha il bracciale blu’?” “Sparate”, risponde. – Il 2 aprile la Polizia ucraina gira un lungo filmato sul pattugliamento delle strade di Bucha (che non è enorme: 28mila abitanti). Si vede un solo morto, un militare russo, ai bordi della strada. Nel filmato, lungo 8 minuti ci sono abitanti che escono dalle case, e passanti che si fermano a parlare con la polizia. Lieti di essere stati liberati, ma nessuno parla di morti per strada. La cosa peggiore è quando uno racconta di donne costrette a scendere in una cantina, e uomini prelevati per essere interrogati. – Il 3 aprile il neonazi su Telegram incomincia a postare le foto dei morti. A tre giorni pieni dalla Liberazione. – Il 4 aprile, ieri, il New York Times pubblica una foto satellitare che riprende i morti per strada, spiegando che è stata scattata il 19 marzo (quindi i corpi sarebbero per strada da quasi due settimane, sembrano le armi chimiche di Saddam). Va da sé che onestà e indipendenza (che poi uno scambi l’indipendenza come dipendenza da Mosca mi fa solo ridere amaramente) impongono domande. Com’è che gli abitanti di Bucha che, sotto la dura occupazione russa, seppellivano i propri morti, questi invece, pur liberi, li lasciano sulle strade? Com’è che attorno ai morti non c’è quasi mai del sangue? Se una vittima viene sparata alla tempia, è una pozza, finché il cuore batte. Se gli spari che è già morto, niente sangue. Com’è che in una cittadina piccola e in guerra, dove nessuno presumibilmente si allontana da casa, nessuno ha un gesto di pietà, per tre giorni, neanche uno straccio a coprire l’oscenità della morte? Erano morti nostri o altrui? Se uno vuole credere, se cioè è questione di fede, anche l’osservazione che i morti, per bassa che sia la temperatura non si conservano così, è inutile. Morti pronti per il camera car che è una gimkana tra i corpi. Una volta tirai un sasso a un randagio, io che amo gli animali, perché si stava cibando del corpo di un terrorista, e non era in una città affamata. Purtroppo mi interessano poco le testimonianze de relato – “mi hanno raccontato che” – o i servizi che aggiungono alla scena solo rabbia e indignazione, e pietà all’ingrosso. Ricordo ancora a Gerusalemme il responsabile della sede RAI scrivere una mail privata ai dirigenti palestinesi attorno alle immagini di un linciaggio a Ramallah: “La RAI non avrebbe mai mandato in onda immagini che vi danneggino”. I gonzi pubblicarono la mail di solidarietà sui giornali. Né mi turbano le accuse dei tifosi, dei trombettieri e dei tamburini. Senza insulti sono disposto a discutere con chiunque, e so che quelle persone, chiunque fossero, in qualunque circostanza fossero state uccise, a qualunque scopo venissero esibite (i russi per terrorizzare, gli ucraini per emozionare il mondo) sono morte nel modo peggiore, e meritano pietà e giustizia, non propaganda. Resta l’orrore, e la speranza che commissioni severe indaghino e la facciano pagare ai responsabili. Se sono russi, irraggiungibili, resteranno nell’album delle infamie. Se qualche ucraino ha abbellito o costruito la cosa, è giusto almeno porsi un altro paio di domande scomode. Come fai a non mandare armi a un popolo così martoriato, come fai a non reagire all’orrore? Come fai a convincere l’opinione pubblica mondiale che bisogna mandare altre armi e puntare a punire l’invasore, non a negoziarne il ritiro? Come si giustifica un’escalation? In poche parole: a chi giova? Ma, attenzione, anche rispondere a questa domanda non dà alcuna certezza. Perché la guerra è calcolo, ma ancora di più follia e stupida ferocia. Ci vuole più coraggio a dire certe cose in Italia, che venire qui a girare lungo la linea del fronte. Un ringraziamento speciale a Tony Capuozzo, grande professionista e uomo vero. (Giorgio Bianchi Photojournalist).

“CONSIDERATO che le gratuite e surreali dichiarazioni (sulla falsariga dei comunicati del Cremino) rese, dall’ex vicedirettore del TG5 – nella serata del 4 aprile 2022, alla trasmissione televisiva, di Rete 4, “Quarta Repubblica”, condotta da Nicola Porro – tese ad ingenerare dubbi sulla strage di Bucha, compiuta dai soldati russi in Ucraina, benché corroborata dall’UE, dai funzionari del Trib. Penale dell’Aja, da decine di testimoni oculari, dai mass media di tutto il mondo e da immagini satellitari, pubblicate dal “New York Times”, hanno provocato l’indignazione dei propri soci e di larghi strati dell’opinione pubblica sull’isola d’Ischia CHIEDE: la revoca del “Premio Ischia”, conferito – nel giugno 2011 – al sig. Tony Capuozzo, come “inviato speciale”, poiché gli orientamenti palesati dal giornalista-scrittore il 4-4-22 contrastano coi principi a cui il riconoscimento, promosso dalla Fondazione Valentino, s’ispira”. Ischia, 6 aprile 2022 “Pronto a restituirlo. Datemi il tempo di ritrovarlo. DHL va bene ? Chiedo solo piccola rettifica: non erano frasi pro Putin. Pro ricerca della verità, piuttosto» (Toni Capuozzo).

«CREDERE, OBBEDIRE, COMBATTERE Se provo a distogliermi dalla certezza dell’orrore, la cosa che mi fa male non sono gli insulti, ma certe piccole notizie. A Nikolajevka, oblast russo al confine ucraino, qualcuno ha vergato una Z – simbolo dell’aggressione russa – sul ponte costruito dagli alpini, che ritornano nei luoghi della ritirata facendo del bene. Chi avesse visto lapidi e celebrazioni sa che i russi, parlando dell’invasione subita nella seconda guerra mondiale, scrivono sempre “i tedeschi e i fascisti”, mai gli italiani, come a salvare un affetto che ci assolve. Evidentemente, si avvia a non essere più cosi: risentimenti, sanzioni, espulsioni, la china della guerra. Già, gli insulti di chi combatte da casa. Il più gentile è Capezzone, e gliene sono grato. Ma c’è anche chi, come un certo Giuliano Cazzola (una vita nella Cgil, poi nel Partito socialista, poi nel Partito della Libertà), dice di provare disprezzo per me. E, per qualcuno che contesta con rispetto, tanti che mi accusano di percepire rubli, o peggio. “Porco”, “servo viscido del Cremlino”: la brigata del Bene è affamata di unanimismo, di conformismo, di silenzio. Bullismo di combattenti da tastiera, e un misto di ingenuità, ignoranza del passato, bisogno di credere qualcosa, qualsiasi cosa, e paura del dubbio. Non sarà questo a farmi perdere, da vecchio, il vecchio vizio di dire le cose che penso. L’ho fatto in ogni redazione in cui sono stato, in ogni conflitto che ho seguito: difficile reclutarmi. Sono fermo a un giudizio: la Russia è l’aggressore, l’Ucraina è l’aggredito. Sul come ci siamo arrivati, ci sarà tempo di discutere. Sono fermo a un obbiettivo: la guerra va fermata, bisogna negoziare. Ero contrario all’invio di armi, ma resto perplesso vedendo i vecchi carri cechi che viaggiano verso l’Ucraina: sono tombe ambulanti. Sono fedele a un principio: dubitare sempre, anche quando ti accusano di intelligenza con il nemico, anche quando sei solo: l’ho fatto con i miskitos del Nicaragua, l’ho fatto con i marielitos di Cuba, l’ho fatto con le foibe o con i marò, con Abu Ghraib e Fabrizio Quattrocchi, con i bambini uccisi in Libano e con la Chiesa della Natività. E dovrei adesso fare meno di chiedere come mai nelle foto satellitari del New York Times, che vogliono essere del 19 marzo, non c’è la neve, che quel giorno a Bucha c’era? Dovrei rinunciare a interrogarmi sulla conservazione stupefacente di quei cadaveri per più di venti giorni sull’asfalto? Dovrei non meravigliarmi che il 2 aprile l’operazione del battaglione speciale Safari viene presentata come un pulizia di sabotatori e collaborazionisti? La scoperta dei morti di Bucha (non quelli delle fosse comuni, note da tempo, e delle vittime dei russi durante gli scontri e l’occupazione, no i morti che hanno sdegnato il mondo, presentati come il sanguinoso congedo dei russi in ritirata) incomincia il 3 aprile e diventa globale il 4. Ieri tgcom24 ha echeggiato una specie di gioco al massacro denunciato dal sindaco di Bucha: hanno fatto un safari con i civili. Paragone strano perché Safari è il battaglione speciale che come vedete il 2 aprile inizia un’operazione sì, di bonifica esplosivi e quant’altro ma anche di repulisti di sabotatori. Dove sono finiti i sabotatori? Non ne hanno trovato nessuno? O forse solo quel cadavere che ieri è apparso sullo schermo alle spalle di Giordano, ma lui non se ne è accorto, che ha ancora il bracciale bianco dei filorussi ? È una fonte ucraina, quel giornale, non la Tass. SE c’erano sabotatori che fine hanno fatto? Ho solo un sospetto, e quello, invece, non è dimostrabile. Che ci stiano reclutando a una guerra lunga e costosa – in termine di vite, innanzitutto, e questo richieda – come dire? – una spinta su spalle riluttanti. La Gran Bretagna ha rifiutato di discutere Bucha in Consiglio di Sicurezza, come aveva richiesto la Russia. Ho la sensazione che Bucha sia usurata da troppi dubbi, e la stampa inglese già ci abitua al nome di Borodyanka. Ma proprio così vecchi dobbiamo mandarli i carrarmati? Ma siamo così insensibili all’orrore? La guerra è questo: orrore tirato per la giacca. Escalation strappata ai cuori. Ovviamente non posto l’immagine di un uomo riverso con un fazzoletto bianco al braccio, perché non so da dove venga, e come sia stato ucciso. Né le immagini di una uccisione in punta di coltello di un prigioniero russo o un civile, si capiscono solo le urla. Né i 267 marines ucraini che si sono arresi a Mariupol. Dove secondo alcuni vi sarebbero ufficiali Nato intrappolati con il battaglione Azov. E l’altra propaganda, in fondo» (Toni Capuozzo – Facebook, 6 aprile 2022). Oggi non c’è niente di più eroico che esprimere il proprio pensiero senza autocensurarsi. Le democrazie muoiono avvolte in una coltre di codardia e opportunismo. “Bucha? Andiamoci cauti”. Il monito di Biloslavo L’inviato di guerra predica moderazione sulle notizie in arrivo dalla cittadina ucraina di Claudio Romiti Nicolaporro.it, 5 aprile 2022 Domenica 3 aprile, durante la puntata serale di Controcorrente, condotto su Rete 4 da Veronica Gentili, Fausto Biloslavo ha impartito una vera e propria lezione di etica giornalistica in collegamento dall’Ucraina. Interpellato sui presunti crimini di guerra avvenuti a Bucha, che buona parte della nostra informazione dà già per avvenuti per responsabilità delle truppe russe, il coraggioso inviato di guerra ha così risposto: “Io sarei molto cauto. In questa guerra mi sono imposto di raccontare solo ciò che vedo. Chiaro che di fronte a una notizia del genere, anche se sono a una notte di treno verso Est da Bucha, qualcosa bisogna dire. Però bisogna essere molto cauti, perché tante volte, in altre guerre, in altri conflitti, ho visto stragi, massacri che poi non si sono rivelati tali, e hanno provocato un ulteriore escalation. Il motivo è semplice: “Faccio solo un esempio – insiste Biloslavo – l’intervento della Nato per il Kosovo nel 1999. Anche là c’era bisogno di un massacro, e il massacro è arrivato. Poi abbiamo scoperto che forse non era proprio così. Quindi, io vorrei capire bene se ci sono fonti indipendenti, chi sono queste vittime, cosa è veramente successo. Se (le stesse vittime ndr) avevano le mani legate dietro la schiena. Se qualcuno le ha giustiziate con un colpo alla nuca. Chi le ha giustiziate con un colpo alla nuca. Quando c’è di mezzo una guerra, un conflitto così vasto, così devastante, bisogna stare sempre molto attenti ad alzare la bandiera della strage, del massacro e così via, prima di avere prove concrete da fonti indipendenti e anche dai giornalisti sul posto”. Ora, ribadendo che continuo a ritenere del tutto insensato l’attacco russo all’Ucraina, le cui responsabilità ricadono tutte su chi lo ha deliberatamente scatenato, ciò non dovrebbe però impedirci di analizzare con equilibrio e moderazione ciò che avviene sui fronti di guerra e su quelli ancor più complessi della diplomazia. Tutto questo, raccogliendo l’auspicio di Biloslavo, proprio per evitare di trasformare la nostra informazione in una sorta di grancassa propagandistica al servizio dei governi di turno. Cosa che, ahinoi, abbiamo potuto drammaticamente sperimentare con il pasticciaccio brutto di una pandemia che ancora oggi ci viene raccontata dalle grande stampa nazionale come qualcosa di simile alla peste bubbonica, quando sin dai primi riscontri era più che evidente che il Covid-19 rappresentava un serio pericolo solo per le persone molto fragili sul piano immunitario. D’altro canto, a beneficio di chi intende bersi le pozioni tossiche di una informazione a senso unico che sembra voler ingigantire a dismisura il pericolo Putin, dipingendo il dittatore russo come una specie di Gengis Khan del terzo millennio, vorrei segnalare che la differenza tra un Paese libero a un regime dittatoriale è proprio la presenza di una stampa indipendente. Una stampa indipendente la quale, prima di giudicare i fatti, ponga le domande giuste, esprimendo dubbi e critiche senza fare sconti a nessuno. Una stampa indipendente che, in ultima analisi, più che “formare” l’opinione pubblica, si limiti ad informare i cittadini nel modo più ampio ed esauriente. Sotto questo profilo, in tutta onestà, proprio non saprei dove collocare buona parte dell’informazione italiana. Il Rasoio di Occam [*] applicato a Bucha di Giorgio Bianchi Photojournalist 5 aprile 2022 Il mio primo sospetto rispetto a Bucha è che si fosse trattato di un’azione punitiva da parte di uno squadrone della morte ucraino nei confronti dei filorussi (o dei presunti collaborazionisti che si erano mostrati amichevoli con l’invasore), fatto poi ricadere sui Russi in ritirata dalla città. Era l’ipotesi più logica e più coerente. Sia per quanto riguarda la cronologia degli eventi e sia per quanto concerne i crimini commessi nel passato dai nazionalisti contro i civili e i militari (vedi torture nei confronti dei prigionieri). I Russi non hanno mai cercato di inimicarsi la popolazione civile, anzi, fanno di tutto per mostrarsi amichevoli e di supporto. E questo l’ho potuto riscontrare ovunque, da Volnovakha fino a Mariupol. L’esercito russo inoltre sta cercando in ogni modo di minimizzare le vittime civili. Le testimonianze che ho raccolto, per contro, parlano di forze armate ucraine che si fanno scudo della popolazione civile (scoraggiando le evacuazioni, intimidendo con minacce, prendendo posizione negli appartamenti e isolando le persone attraverso il taglio delle comunicazioni), per minimizzare le perdite e per protrarre gli assedi e il conflitto in generale. Assedi, per lo più, dall’esito ampiamente scontato a favore dei russi, soprattutto nelle regioni meridionali e orientali. In ogni caso, se i russi si fossero macchiati di un crimine così orrendo, logica vorrebbe che avrebbero dovuto caricare i corpi sui camion per poi farli sparire in qualche altoforno o qualche miniera sotto il loro controllo. Invece, stando alla propaganda di Kiev e a quella a rimorchio di tutto l’Occidente, cosa avrebbero pensato di fare? Lasciare tutto così com’era per dare fiato alle trombe della propaganda. Credere ad una versione del genere è semplicemente demenziale. Ci sono molti soggetti pericolosi in Europa, soprattutto nel cosiddetto mondo dell’informazione, che credono che questo sia un gioco, e per uno strapuntino in qualche trasmissione grottesca o per un paio di like in più sui suoi loro post deliranti, alimentano un gioco al massacro che ci sta portando dritti verso il baratro. Vi dico per l’ennesima volta: datevi una regolata, questo non è uno scherzo. Il regime di Kiev prende ordini dalla NATO, e la NATO vuole a tutti i costi rovesciare la scacchiera attraverso una escalation del conflitto. Utilizzano i codardi, le menti deboli, gli opportunisti, i collaborazionisti, per mesmerizzare la popolazione e farla agire di pancia. È una tattica abusata, che solo un demente non riuscirebbe a leggere, soprattutto alla luce degli innumerevoli esempi del passato. Non ho nessuna intenzione di vivere l’inverno nucleare per colpa della vostra crassa ignoranza, della vostra arroganza, del vostro opportunismo, del vostro arrivismo. Di questo passo, nella migliore delle ipotesi, finiremo a raccogliere legna nei parchi per scaldarci, altro che il termostato a diciotto gradi. Cosa pensate di fare per mandare avanti le fabbriche, di mettere quel demente di Cingolani a pedalare su una cyclette con una dinamo sotto il sedere? Ecco invece cosa potrebbe essere in realtà accaduto a Bucha. Semplice, lineare, logico, in linea con i tratti nazistoidi del regime mascherato dal guitto con la felpa. I fatti riportati nei video allegati al post su Telegram sono avvenuti a Dnipro, ma potrebbero essere tranquillamente accaduti a Bucha, per poi essere attribuiti ai russi. Ricordate sempre che questa è innanzitutto una guerra civile. Buona visione, spero abbiate lo stomaco foderato di pelliccia.

[*] Novacula Occami – Rasoio di Occam Il Rasoio di Occam è il principio metodologico espresso nel XIV secolo dal filosofo e frate francescano inglese William of Ockham, che per certi versi può ritenersi un precursore del pensiero moderno. Nella sua forma più immediata suggerisce l’inutilità di formulare più ipotesi di quelle che siano necessarie per spiegare un dato fenomeno quando quelle iniziali siano sufficienti. Secondo questo principio, a parità di fattori, la spiegazione più semplice tende a essere quella giusta. Invita a non complicare la realtà creando inutili entità metafisiche ed a cercare spiegazioni semplici per i fenomeni (e semplicità non significa banalità), favorendo la partenza da principi dimostrati (quindi semplici, che non significa banali) e con solide (quindi semplici, che non significa banali) deduzioni, in modo che si arrivi alla conclusione. La metafora del rasoio esprime l’idea che sia opportuno, dal punto di vista metodologico, eliminare con tagli di lama e mediante approssimazioni successive le ipotesi più complicate. In questo senso, il principio può essere formulato come segue: “A parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire”. La formula, utilizzata spesso in ambito investigativo e di risoluzione di un problema, parte da una pagina di “Ordinatio” del Doctor Subtilis Giovanni Duns, filosofo e teologo scozzese: “Pluralitas non est ponenda sine necessitate – Non considerare la pluralità se non è necessario”. Significa, che “è inutile fare con più ciò che si può fare con meno”. Quindi, non vi è motivo alcuno per complicare ciò che è semplice e all’interno di un ragionamento vanno invece ricercate la semplicità e la sinteticità. Perciò, tra le varie spiegazioni possibili di un evento si deve scegliere quella più semplice (non nel senso di quella più banale, o più ingenua, o che spontaneamente affiora alla mente, ma come quella che appare ragionevolmente vera senza ricercare un’inutile complicazione aggiungendovi degli elementi causali ulteriori).

Bucha, il gioco di prestigio del New York Times di Francesco Santoianni L’AntiDiplomatico, 5 aprile 2022 Bucha: gioco di prestigio dei media tra fosse comuni e uccisi per strada. Parliamo dalle prime. Che in situazioni di guerra si ricorra a, spesso provvisorie, fosse comuni non è una novità. L’Associated Press ad esempio in un articolo di qualche giorno fa documentava la realizzazione di una fossa realizzata dal Comune di Mariupol per settanta corpi. “Circa la metà delle persone sepolte sono state uccise nell’intenso bombardamento della città, (…). Altri sono morti in casa per cause naturali, ma le autorità non hanno potuto provvedere al ritiro dei corpi o alla loro sepoltura”. Poi ci sono le salme per strada o perché non è prontamente possibile recuperarle e seppellirle o per crudele monito verso la popolazione. Per Bucha, i media padronali hanno imbastito una evidente manipolazione facendo percepire gli undici morti per strada (che, a loro dire, sarebbero stati uccisi dai Russi) con quelli delle tante fosse comuni che stanno costellando l’Ucraina. E presentando così il tutto come la “prova” della malvagità dei Russi ora pretendono una, ancora più atroce, guerra. Ma da chi sono stati uccise le undici persone trovate per strada a Bucha? Subito dopo la diffusione della notizia la Russia ha chiesto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU una immediata indagine per appurare l’accaduto. Richiesta alla quale la Gran Bretagna ha apposto il veto. Perché? Verosimilmente per permettere ai media di potere impunemente accusare la Russia attraverso fake news. Ultima quella diffusa dal New York Times (presa come Vangelo anche da Open “Tempio del Fact Checking” che parla disinvoltamente di 410 civili uccisi a Bucha) che mostra immagini satellitari con i corpi per strada, a suo dire, “risalenti a più di 3 settimane fa, quando le milizie russe erano ancora presenti nella città”. Peccato che nessun fotogramma del video satellitare mostri la presenza di soldati o automezzi russi. Del resto, nonostante sia stato impedito ad una Commissione internazionale di indagare, nonostante il divieto a giornalisti freelance di recarsi a Bucha e nonostante una “documentazione” fotografica prodotta solo dal governo di Kiev, la storia degli undici civili uccisi per strada dai Russi già non regge, così come ha fatto notare anche un autorevole corrispondente di guerra come Toni Capuozzo di Sky. Il quale, oltre all’assenza di pozze di sangue intorno a quei corpi, pone una questione fondamentale: il 31 marzo, il giorno dopo la partenza dei russi, il sindaco di Bucha rilascia una intervista (che va in onda il primo aprile sulla tv ucraina) nella quale non si fa nessun accenno alla strage. “Eppure Bucha è una città piccola: possibile nessuno gli abbia detto dei morti per strada?”, si chiede Capuozzo. Ma non solo. Il giorno successivo, ossia il 2 aprile, un video della polizia ucraina mostra le devastazioni “ma c’è un solo corpo, di un militare russo, che viene lasciato sul ciglio della strada”. E aggiunge: “Solo il 3 iniziano a girare le immagini dei morti. Da dove sono saltati fuori quei corpi?”. La strage di Bucha è reale? I molti dubbi sulla questione «Forse un tempo non avremmo avuto alcun dubbio su quello che è successo a Bucha, ma abbiamo perso tutti l’innocenza dopo le false fosse comuni di Gheddafi, arma di propaganda che è servita solamente ad aizzare una guerra stupida che ha portato al disastro in Libia. Il Ministero della Difesa russo, in una sua dichiarazione, dichiara che le immagini provenienti da Bucha sono solo una “ulteriore provocazione” e che l’esercito russo ha in realtà distribuito 452 tonnellate di aiuti umanitari, e che nessun accesso ai corridori umanitari è stato bloccato. Ma anche questa è propaganda si potrà obiettare. Certamente, nessuna dichiarazione ufficiale va presa per oro colato. Tutte le parti tendono a minimizzare i propri crimini e ad enfatizzare, se non ad inventare, quelli altrui. I soldati russi che distribuiscono gli aiuti umanitari potrebbero essere la versione speculare dei “berretti verdi” di John Wayne, immagine fasulla del militare americano in Vietnam che distribuisce aiuti quando in realtà bruciava vivi i civili col napalm. Andiamo quindi a osservare in maniera più minuziosa quel che è accaduto. Innanzitutto il Ministero della Difesa russo dice che lo scorso 31 marzo il Sindaco di Bucha Anatoliy Fedoruk confermava in un discorso video che nessun soldato russo era presente in città. I cadaveri apparsi nel video quindi dovrebbero avere almeno quattro giorni, ma non mostrano nessuno di quei segni di decomposizione che sarebbero dovuti comparire in quel lasso di tempo. Arrivano inoltre immagini di cadaveri che si muovono sebbene il nostro giornalismo mainstream si affretti a dire che si tratta delle solite bufale complottiste. I cadaveri potrebbero essere quelli di collaborazionisti uccisi dagli Ucraini, e questo si capirebbe dallo straccio bianco al braccio, che in Ucraina indica il collaborazionista. Detto questo comunque il Roskosmos ha fatto capire di avere in mano quel che serve per smentire e per questo la Russia ha convocato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Avrannno qualcosa di solido in mano se affermano questo. D’altronde solo in questa guerra abbiamo già visto come la maggior parte delle bugie di propaganda arrivi da parte occidentale, e ancora ieri abbiamo avuto ulteriore conferma che la vicenda di Mariupol è stata una messa in scena, con la stessa influencer che nega il bombardamento dell’ospedale. Abbiamo oramai perso l’innocenza, e troppe bugie sono state raccontate per giustificare guerre, dalle fialette di Colin Powell andando alle fandonie su Milosevic e alla bufala delle culle termostatiche staccate dai soldati di Saddam. Andiamoci piano a credere a Bucha» (Andrea Sartori). «Sicuramente devono spiegare fino a quanto andranno avanti a creare “stragi” di cui incolpare i Russi. L’ultimo, in ordine di tempo, il bombardamento del monastero di Svjato-Uspenskij a Svjatogorsk, come confessato da un capo di Azov fatto prigioniero [QUI]» (Cit). «Impossibile non rammentare il falso massacro di Racak che fu l’evento scatenante per i bombardamenti NATO su Belgrado. O quello altrettanto falso di Timisoara, che giustificò – per l’opinione pubblica occidentale – la caduta di Ceausescu in Romania. Impressionante come le scene “descritte” dai giornali d’allora siano identiche a quelle di oggi (e anche i giornali sono gli stessi…)» (Cit). «Sono lo stesso tipo di psy-op che abbiamo visto negli anni passati in Siria, quando i servizi segreti israeliani e britannici mettevano in scena dei falsi attacchi chimici. Ormai l’Occidente liberale non fa altro che ripetere nel corso del tempo le stesse montature già messe in scena negli anni passati. Stavolta la farsa era così evidente che non è durata nemmeno una giornata» (Cit). «La situazione a Bucha è una messa in scena dell’Occidente e dell’Ucraina sui social network». A dirlo è il Ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov ripreso dalla Tass. «La Russia considera la situazione a Bucha una provocazione che minaccia la pace e la sicurezza internazionale». Il Governo russo ha chiesto una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e ha parlato di una “provocazione” dell’esercito ucraino, accusando Kiev di volere “interrompere” i colloqui di pace. La Portavoce del Ministero degli Esteri della Federazione Russa, Maria Zakharova, ha riferito attraverso il suo account Telegram che «la Russia ha chiesto una riunione del Consiglio di sicurezza dell’ONU in connessione con la provocazione dell’esercito ucraino e dei radicali nella città di Bucha». «Il senso del crimine del regime di Kiev è quello di interrompere i negoziati di pace e aumentare la violenza», ha detto, ore dopo avere sostenuto in un’intervista alla rete televisiva russa Rossiya 1 che le immagini dei presunti massacri di civili erano state orchestrate e “ordinate” dagli Stati Uniti e dalla NATO. «Processo per crimini di guerra? Ottima idea: iniziamo con il bombardamento della Jugoslavia e l’occupazione dell’Iraq. Potreste anche scovare i principali registi delle produzioni a Srenebrica. E, naturalmente, il commercio di organi in Kosovo sotto le spoglie di funzionari statunitensi. Non appena finito, potrete iniziare subito con il bombardamento nucleare del Giappone». «Bucha, un massacro inventato in quattro giorni», scrive Paolo Selmi il 3 aprile su SinistraInRete. Sul Volo Papale di ritorno da Malta, la sera del 3 aprile 2022… il Papa sa ancora niente di Bucha «Jordi Antelo Barcia (RNE): Oggi ci hanno colpito le immagini arrivate da Bucha, un paese vicino a Kiev, abbandonato dall’esercito russo dove gli ucraini hanno trovato decine di cadaveri buttati per strada, alcuni con le mani legate, come se fossero stati “giustiziati”. Sembra che oggi la Sua presenza in quella zona sia sempre più necessaria. Papa Francesco: Grazie per dirmi questa notizia di oggi che non conoscevo». I giornalisti accreditati hanno parlato poco o niente di quanto è andato a fare Papa Francesco a Malta, ma tanto della guerra in Ucraina, di cui sanno tutto, sembra. Nel nostro articolo del 2 aprile 2020 Dónde está Monseñor Gustavo Zanchetta? Estés donde estés. Dov’è Monsignor Zanchetta? Ovunque sia, il bambino onnipotente non è in carcere abbiamo osservato che era “strano” che sia passato un mese e Zanchetta non sia andato in galera e che dicono che aspettano che finisca il tempo per ricorrere in appello, ma la sentenza è stata di carcere effettivo. Quindi, l’ipotesi è che Zanchetta gode di un trattamento di riguarda, basti pensare per esempio a quanto accaduto in altri casi come quello di Don Agustín Rosa Torino, che ha avuto anche lui una condanna a carcere effettivo e non lo fecero aspettare in nessun modo. Nostro articolo si concludeva con una provocazione, che certamente è stata notata: «Vedremo se durante il volo di ritorno dal Viaggio Apostolico a Malta, Papa Francesco permetterà un’altra volta una domanda sullo “strano caso Zanchetta”. Se un giornalista ammesso al Volo Papale gli chiederà se abbia cambiato opinione sul suo amico, in riferimento a quanto ha dichiarato il 28 maggio 2019 nell’intervista concessa alla giornalista Valentina Alazraki per la Tv messicana Televisa. E se un giornalista ammesso al Volo Papale gli chiederà a che punto sia il Processo canonico presso la Congregazione per la Dottrina della Fede. A qualcuno potrebbe venire anche in mente di chiedere il trasferimento di Zanchetta nello Stato della Città del Vaticano (visto che ha/aveva passaporto vaticano), per scontare la sua pena in una cella più comoda all’interno della Caserma del Corpo della Gendarmeria». Però «nessuno dei cosiddetti “vaticanisti” ha avuto il coraggio di citare Zanchetta al Papa? L’informazione libera. Quando qualcuno non ci sarà più ci ricorderemo» (Silere non possum). Ah sì, il volo era breve e molto tempo è stato dedicato all’abbondante cena a bordo. Quindi, poco tempo era rimasto per fare una domanda sull’amico del Papa. E tutti a guardare alla guerra in Ucraina. E non dimentichiamo che il Papa doveva ancora fare le fotografie con l’equipaggio di Air Malta, prima dell’atterraggio a Roma…

“Finora sono 410 i corpi di civili uccisi recuperati nei territori della regione di Kiev riconquistati dalle forze ucraine, da Bucha a Gostomel fino ad Irpin, ha riferito in un post su Facebook il Procuratore Generale dell’Ucraina, Iryna Venediktova, precisando che le autorità “ne hanno già esaminati 140”. Venediktova ha aggiunto che pubblici ministeri, investigatori ed esperti forensi sono costantemente in servizio per eseguire esami del Dna ed autopsie, sottolineando che è in corso la raccolta di testimonianze, foto e prove video dei massacri. «Sono profondamente scioccato dalle immagini dei civili uccisi a Bucha, in Ucraina. È essenziale che un’indagine indipendente porti a una responsabilità effettiva», afferma il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres su Twitter. Da Washington il Portavoce della Segreteria di Stato, Ned Price ha accennato a un’ulteriore azione degli USA contro la Russia in arrivo “molto presto” in risposta alle “ultime atrocità di Bucha”. «Le immagini delle atrocità commesse dalle forze russe contro civili ucraini a Bucha, nei dintorni della capitale Kiev, sono “un pugno allo stomaco”», ha detto il Segretario di Stato USA, Antony Blinken, in un’intervista all’emittente CNN. Si accoda alla Segreteria di Stato degli USA (la posizione del Pentagono non pervenuta) il nostro Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi: «Le immagini dei crimini commessi a Bucha e nelle altre aree liberate dall’esercito ucraino lasciano attoniti. La crudeltà dei massacri di civili inermi è spaventosa e insopportabile. Le autorità russe devono cessare subito le ostilità, interrompere le violenze contro i civili, e dovranno rendere conto di quanto accaduto. L’Italia condanna con assoluta fermezza questi orrori, e esprime piena vicinanza e solidarietà all’Ucraina e ai suoi cittadini». Gianni Riotta (il cacciatore di “Putinversteher”) il 2 aprile 2022 twitta: «La regione di Kiev liberata da forze Ucraine. Esercito russo ripiega, lasciando sul campo una impressionante quantità di armamenti ma saccheggiando case, negozi, uffici. Cadaveri ovunque, voci di massacri. Forse la vera Russia, dopotutto, non la conoscevamo davvero» [QUI]. «Op 31 maart wordt Bucha “bevrijd” door Oekraïense strijdkrachten. Dan liggen er blijkbaar nog geen lichamen op straat. Pas op 2/3 april. Duidelijk, zou ik zeggen. Dit zal hopelijk toch niet de jacht op collaborateurs zijn die Zelensky aankondigde? [Il 31 marzo Bucha viene “liberato” dalle forze armate ucraine. A quanto pare non ci sono ancora corpi per strada. Non prima del 2/3 aprile. Chiaro, direi. Si spera che questa non sia la caccia ai collaboratori annunciata da Zelensky?» (Fernand Keuleneer). Una ricostruzione dei fatti di Bucha 29 marzo 2022 La Russia annuncia la “drastica riduzione” delle attività belliche. 30 marzo 2022 Le truppe russe si ritirano da Bucha [QUI] https://t.me/mod_russia/13949. 31 marzo 2022 Il Sindaco di Bucha, Anatolij Fedoruk, annuncia che la città è libera dagli occupanti. Il video girato davanti al municipio di Bucha in via Energetykiv compare il 1° aprile 2022 anche sul canale ufficiale Ukraina 24 [QUI] https://t.me/ukraina24tv/23961. Il messaggio, condito di retorica trionfante, parla di велика перемога (grande vittoria) delle forze armate ucraine, entrate in città senza sparare un colpo. Non fa alcun riferimento a morti per le strade. Anzi, sembra molto felice di essere potuto rientrare in città e per nulla sconvolto. “Cari amici! Il 31 marzo è una bellissima giornata della liberazione dagli occupanti russi”, dice nell’incipit del suo discorso. «È alquanto singolare che qualcuno si esprima con toni così entusiastici di fronte ad uno spettacolo apocalittico come quello rappresentato in queste ore da tutti i media, con le strade della città letteralmente disseminate di civili morti. La mia impressione è che si sia trattato di una messa in scena in stile siriano» (Giorgio Bianchi Photojournalist).

«Bucha liberato dagli invasori russi – Sindaco 01.04.2022 20:41 – Il Sindaco di Bucha nella regione di Kiev, Anatoliy Fedoruk, ha dichiarato che la città era stata liberata dalle truppe russe. Fedoruk lo ha detto nel suo messaggio video pubblicato su Facebook [QUI] https://fb.watch/cb8p_jC5Rp/, riporta Ukrinform. “Il 31 marzo passerà alla storia della nostra comunità di Bucha come il Giorno della Liberazione. La liberazione da parte delle nostre Forze Armate dell’Ucraina dagli orchi russi, dagli occupanti russi. Quindi oggi, dichiaro che questo giorno è gioioso. Gioioso e questo è una grande vittoria nella regione di Kiev! E aspetteremo sicuramente in modo che ci sia una grande vittoria in tutta l’Ucraina”, ha detto Fedoruk. Come riportato da Ukrinform, quando hanno lasciato la città di Bucha nella regione di Kiev, le truppe russe hanno minato edifici e infrastrutture civili» (nostra traduzione italiana). 1° aprile 2022 Mentre il canale Ukraina 24 dà ufficialità alla comunicazione del Sindaco di Bucha, a un reporter di guerra arriva un filmato [QUI], che gira subito la sera stessa. Zona residenziale “nuovo centro Bucha” (новий центр Бучі), come si vede dal cartellone. Le forze armate ucraine in maniera del tutto insensata hanno martellato con l’artiglieria parte della Città di Bucha prima di entrare. Facendo morti. 2 aprile 2022 Sul sito della Національна поліція України (Polizia Nazionale Ucraina) [QUI] viene pubblicato un post con il quale si comunica l’inizio delle operazioni di “pulizia” nella Città di Bucha, con sette minuti e quarantotto secondi di video (7:48), postato anche sul canale su YouTube ufficiale della Polizia Nazionale Ucraina, dal titolo Спецпризначенці Нацполіції проводять зачистку міста Буча (le squadre speciali della PNU puliscono la Città di Bucha) [QUI].

Come si può vedere dalle foto e dal filmato pubblicati dal sito della Polizia Nazionale Ucraina, quel giorno sulle strade della cittadina ci sono tante macchine distrutte e rottami (ricordiamo i bombardamenti ucraini), ma non ci sono cadaveri. Addirittura, le strade fotografate sono le stesse che si vedono nelle immagini rilasciate dal governo ucraino a riprova del presunto crimine di guerra russo. Si alza anche un drone alla fine. Un solo cadavere per strada (un soldato russo). Fin al giorno dopo… Insomma, se c’è stato un crimine, ad averlo commesso difficilmente sono stato i Russi, ai quali gli Ucraini, successivamente, hanno attribuito la responsabilità con un solo scopo: giustificare l’intervento della NATO. Alle ore 22.33 compare un post dal gruppo Boatsman Boys, che fa capo al nazista Sergej Arkad’evič Korotkich (leggiamo pure dalla sua biografia, visto che in Italia l’unica apologia proibita ormai è quella di cercare di capire le cose come stanno, queste pagine vergognose sono consultabili senza problemi [QUI e QUI]. E cosa dice Korotkich? Niente di quello che ci aspetteremmo. Pone l’accento sulle rovine, sulle montagne di rovine (peccato che non accenna ai bombardamenti del giorno prima dell’artiglieria ucraina e a quelli antecendenti, sempre dell’artiglieria ucraina, che martellava le zone civili quando Bucha era occupata dai Russi, ma tant’è… si sarà dimenticato anche lui) [QUI]. In un video un militare ucraino dice: «Ci sono ragazzi senza bracciali blu, possiamo sparargli?». Un altro risponde: «Merda, sì!». E non ne ha fatto cenno neppure Žan Belenjuk, deputato della Rada ucraina di origini ruandesi e campione di lotta grecoromana [QUI]. I cadaveri per strada a un sindaco no, a un nazista neppure, ma a un deputato forse un po’ di impressione avrebbero dovuto farla… niente. Nessun cenno.

3 aprile 2022 La notizia del giorno sono le file di cadaveri per strada a Bucha… lasciati dai Russi, ovviamente [QUI]. Quello che salta immediatamente all’occhio è che nel video del presunto “massacro russo a Bucha” la posizione dei cadaveri non è compatibile né con un’esplosione, né con una fucilazione, né con alcun’altra azione militare conosciuta. Dal 30 marzo al 3 aprile sono passati quattro giorni. Quattro giorni in cui ha parlato il Sindaco (il giorno dopo) che non se ne era mai andato da lì, con un grande sorriso, declamando la “grande vittoria”, sono andati e venuti in diversi, inclusi i passaggi documentati di un pezzo grosso della nomenklatura nazista e di un deputato. E nessuno si è accorto di nulla. In una città più piccola di Busto Arsizio e con meno della metà dei suoi abitanti (e in questi giorni anche meno…). Questi dati sopra raccolti (in gran parte da Paolo Selmi su SinistraInRete) non sono opinioni. Per la stragrande maggioranza sono fatti accertati e riportati dalle fonti ucraine stesse, alcune ufficiali come il canale Ukraina 24. Dati che si contraddicono palesemente. Dati che contraddicono la versione ufficiale di oggi fino al midollo, presa come oro colato dai giornalisti e media nostrani, ANSA in testa. Sul canale Ukraina 24 sono talmente sicuri che nessuno in Occidente si metta a fare una verifica sulle fonti, che hanno lasciato ancora la comunicazione del Sindaco del 1° aprile, non si sono neppure premurati di toglierla. Zelenskij dovrebbe spiegare ai cittadini di Kiev il senso di trasformare la capitale in una specie di incubo “tipo Gotham city”, distribuendo indiscriminatamente e senza alcun controllo a chiunque oltre diecimila armi automatiche e semiautomatiche, pezzi di artiglieria leggera e missili spalleggiabili. Ora che i Russi si sono allontanati, restano bande di criminali in giro armate e indisturbate, che sparano a poliziotti e a forze dell’ordine e commettono ogni serie di sopruso [QUI e QUI]. Il governo russo respinge le accuse di crimini di guerra a Bucha. “Prove false, fatti e date non corrispondono” «Il Ministero della Difesa della Federazione Russa smentisce le accuse del regime di Kiev di aver ucciso civili a Bucha, nella regione di Kiev. Tutte le foto e i video pubblicati dal regime di Kiev che testimonierebbero certi “crimini” dei militari russi a Bucha, nella regione di Kiev, sono solo un’altra provocazione. Durante il periodo in cui la città è stata sotto il controllo delle forze armate russe, nessun residente locale ha subito atti violenti. I militari russi hanno consegnato e distribuito 452 tonnellate di aiuti umanitari ai civili nella regione di Kiev. Finché la città era sotto il controllo delle forze armate russe e anche allora, fino ad ora, i locali di Bucha si muovevano liberamente per la città e utilizzavano i telefoni cellulari. Le uscite da Bucha non sono state bloccate. Tutti i residenti locali erano liberi di lasciare la città in direzione nord, compresa la Repubblica di Bielorussia. Allo stesso tempo, la periferia meridionale della città, comprese le aree residenziali, è stata bombardata 24 ore su 24 dalle truppe ucraine con artiglieria di grande calibro, carri armati e sistemi di lancio multiplo. Vorremmo particolarmente sottolineare che tutte le unità russe si sono ritirate completamente da Bucha già il 30 marzo, il giorno dopo il round di colloqui faccia a faccia Russia-Ucraina in Turchia. Inoltre, il 31 marzo, il Sindaco di Bucha, Anatoliy Fedoruk, ha confermato in un videomessaggio che non c’erano militari russi in città, ma non ha nemmeno menzionato la gente del posto colpita per strada con le mani legate. Non sorprende, quindi, che tutte le cosiddette “prove dei crimini” a Bucha non siano emerse fino al quarto giorno, quando sono arrivati in città il Servizio di Sicurezza dell’Ucraina e rappresentanti dei media ucraini. È particolarmente preoccupante che tutti i corpi delle persone le cui immagini sono state pubblicate dal regime di Kiev non abbiano il rigor mortis dopo almeno quattro giorni, non presentino le tipiche macchie di cadavere e le ferite contengano sangue non coagulato. Tutto ciò conferma definitivamente che le foto e le riprese video di Bucha sono una messa in scena del regime di Kiev per i media occidentali, come è avvenuto a Mariupol con l’ospedale di maternità, così come in altre città».

La versione del blogger filo-ucraino Vladimir Sklyarov Dal primo giorno dell’entrata delle forze armate russe in città, il blogger era a Bucha e registrava regolarmente video su quello che succedeva. Secondo lui, l’esercito russo si è comportato nel modo più educato possibile e certamente «nessuno ha torturato o ucciso nessuno», come stanno cercando di ritrarre le autorità ufficiali di Kiev. «Siete davvero fuori di testa? Quindi sarebbe meglio per voi se mi uccidessero, uccidessero la mia famiglia, uccidessero tutti qui?». Le parole del blogger confermano ancora una volta la tesi secondo cui gli eventi nella città di Bucha vicino a Kiev non sarebbero altro che una provocazione organizzata per mostrare i «crimini di guerra» delle forze armate della Federazione Russa. “Brutta e cattiva”, ecco l’Ucraina dipinta dal mainstream fino a poco tempo fa Visione Tv, 23 marzo 2022 di Giulia Burgazzi C’era una volta – in realtà, c’era fino a pochi mesi fa – un’Ucraina puzzona che l’Occidente si vergognava di ammettere nel salotto buono. Avveniva prima che Unione Europea, Governi e grandi media entrassero in assetto di guerra. Dell’Ucraina si parlava soprattutto a proposito di corruzione, autoritarismo, estrema destra in grado di condizionare il Governo. Non risulta che l’Ucraina abbia voltato pagina alla velocità della luce. Eppure adesso va di moda parlare di nazisti per bene e a volte si preferisce cancellare articoli imbarazzanti che restano visibili solo attraverso gli archivi del web. Tuttavia molto dell’Ucraina puzzona è ancora on line. La corruzione, ad esempio. Solo nel settembre 2021 l’Unione Europea, alla quale l’Ucraina è legata da un accordo di associazione, si metteva le mani nei capelli attraverso una relazione della sua Corte dei Conti: «È da molto tempo che l’UE è a conoscenza delle connessioni tra oligarchi, alti funzionari, politici, sistema giudiziario e imprese statali […] I flussi finanziari illeciti (compreso il riciclaggio di denaro) sono colpiti solo ai margini». E scusate se è poco. Qualora lo fosse, nell’ottobre 2021 si metteva le mani nei capelli anche il sito web di Radio Free Europe, che è finanziata dal Governo statunitense. Notava infatti che, nonostante le sollecitazioni, l’Ucraina non riusciva a mettere decentemente insieme l’ufficio di un pubblico ministero incaricato di lottare contro la corruzione. E poi c’è la faccenda delle ben visibili venature di nazismo, nazionalismo, estrema destra presenti all’interno del regime ucraino. Reuters, la blasonatissima ed occidentalissima agenzia di stampa Reuters, ha analizzato la situazione nel 2018. L’articolo cita anche i campi estivi per bambini organizzati dal Battaglione Azov. C’è un video. Per i bambini, un’istruzione di tipo militare: non le passeggiate. Acqua passata, forse? Oggi, 23 marzo, Panorama ha pubblicato un articolo che spiega come le formazioni paramilitari di estrema destra hanno in Ucraina ampie coperture politiche. Di fatto controllano l’esercito. Gli efferati delitti di cui sono accusate ben di rado sfociano in processi e condanne. Proprio l’estrema destra ha fatto fallire, nel 2019, il tentativo di Zelensky per trovare un accordo che ponesse fine alla guerra civile. Praticamente, è riuscita a dettare la linea al Governo. In quello stesso 2019, l’Osservatorio sui diritti spiegava come la libertà di stampa in Ucraina fosse in crisi nera. Forse le cose sono migliorate in seguito? Mica tanto, si direbbe, visti i recentissimi articoli sull’autoritarismo in Ucraina. Maggio 2021. Inside Over, sito specializzato in politica estera, scriveva «gli ultimi fatti di cronaca parlano di un Paese che da “democrazia illiberale” va verso un autoritarismo segnato da una marcata “stretta” sui diritti umani e civili». Sempre nel maggio 2021 il Cato Institute andava giù ancora più duro. È un istituto di ricerca statunitense di orientamento liberista: non sospettabile, dunque, di aderire alla “propaganda russa”. Eppure (in traduzione) dispensava questo consiglio agli Stati Uniti: «Washington deve abbandonare il suo vecchio mito secondo il quale in Ucraina sta fiorendo una democrazia di stampo americano. In realtà, somiglia molto di più ai regimi pseudo democratici di Russia, Ungheria, Turchia». Ecco, così fino a pochi mesi fa si dipingeva l’Ucraina che ora mette letteralmente alla gogna la gente sulle strade. Eppure l’Occidente l’ha fatta entrare nel suo salotto buono. Navi russe verso lo Ionio: cosa sta succedendo davanti all’Italia Nel Mediterraneo le navi da guerra russe continuano a tallonare le flotte Nato puntando verso le coste calabresi del Mar Ionio di Federico Giuliani Ilgiornale.it, 5 aprile 2022 Tensione alle stelle nel Mar Mediterraneo, dove le navi da guerra russe continuano a tallonare le flotte Nato puntando verso le coste calabresi del Mar Ionio. I movimenti dei mezzi del Cremlino, analizzati da analisti ed esperti, sono utili a delineare la possibile strategia della Russia lontana dal campo di battaglia ucraino. La Russia nel Mediterraneo Che cosa sta succedendo al largo delle coste italiane? Da un paio di mesi a questa parte l’incrociatore Varyag e il caccia Tributs stanno creando diversi problemi alle portaerei Nato; ci riferiamo all’americana Truman, alla francese De Gaulle e all’italiana Cavour. In particolare alle prime due, ha sottolineato Repubblica, in quanto Washington e Parigi hanno lanciato i loro velivoli Hornet e Rafale in molteplici voli di pattugliamento sul Mar Nero proprio grazie a queste portaerei. In ogni caso le navi russe, non potendo raggiungere proprio il Mar Nero in quanto la Turchia ha chiuso il Bosforo all’attraversamento di navi da guerra, operano quindi nel Mediterraneo creando parecchi grattacapi all’Alleanza Atlantica. Che, non solo deve puntare i riflettori sull’Ucraina, ma anche tenere gli occhi aperti sulle aree non distanti dalle coste dell’Italia. Abbiamo parlato del Varyag e del Tributs. Entrambi, dopo aver sostato al largo della Siria, e accompagnati dall’incrociatore Maresciallo Ustinov, dalla fregata Kasatanov e dal caccia Kulikov, sono rientrati nello Ionio. Dove, da giorni, sono stati segnalati con una certa preoccupazione. Navi e sottomarini Il portale CovertShore ha fotografato la situazione inerente alle navi ma bisogna aggiungere anche l’emersione del sottomarino russo Kilo, immortalato al largo di Cipro. Secondo varie indiscrezioni, troviamo almeno tre di questi sottomarini nel bel mezzo del Mediterraneo. Resta però da capire perché il sottomarino sia emerso; forse per via di problemi tecnici ma la questione non è ancora chiara. Già, perché i Kilo, armati con i missili cruise Kalibr, sono soliti restare sempre immersi durante le loro missioni e, per di più, agiscono silenziosi. Il punto sul quale vale la pena tenere alta la guardia è che stiamo parlando di mezzi militari dotati di missili cruise Kalibr, proprio come le fregate e i caccia. A dire il vero i suddetti Kalibr, già impiegati in Ucraina, potrebbero nuovamente colpire Kiev e dintorni da queste latitudini se lanciati dal Mar Ionio. Le navi ammiraglie possono invece contare su armi ancora più temibili, come i missili capaci di abbattere perfino le portaerei. La situazione nel Mar Nero Abbiamo parlato delle coste italiane e del Mediterraneo. Per chiudere il cerchio è utile fare una panoramica su cosa sta accadendo nelle acque del Mar Nero. Lo scorso 3 aprile diversi missili russi hanno colpito il porto di Mykolaiv; è il segnale che potrebbe presagire un nuovo assalto di Mosca lungo la linea costiera dell’Ucraina. Nel frattempo il vice segretario del Consiglio di sicurezza russo Mikhail Popov citato dalla Tass, ha affermato che le navi statunitensi non torneranno nel Mar Nero nel prossimo futuro perché temono le mine ucraine. “Le navi americane avranno paura di tornare nel Mar Nero nel prossimo futuro, aspetteranno quando i pericoli delle mine saranno completamente rimossi”, ha detto in un’intervista al quotidiano Komsomolskaya Pravda. “Gli Stati Uniti – ha aggiunto – non vogliono aiutare i loro amici europei che sono lasciati a faccia a faccia con i problemi che l’Ucraina continua a creare”. Segue la parte 21: QUI.