Diario afghano 6. Sciopero al mercato, detriti alla moschea - Lettera22

2022-05-21 18:55:17 By : Ms. Angela Lu

Scioperano i cambiavalute di Kabul. “Contro i rincari per permessi e cauzioni” ci raccontano dentro al principale mercato di scambio della capitale, lo Shahzada: “Se vieni qui un giorno qualsiasi, è difficile perfino camminare”. Ci sono 280 negozi di cambiavalute su tre piani. Molti sono chiusi. Alcuni sono stati chiusi: sui lucchetti, il sigillo dell’Emirato. Sono quelli che non pagano. I commercianti, anche gli altri, hanno deciso di solidarizzare, di chiudere l’intero mercato. “L’economia affonda e loro ci chiedono più tasse”. Lo sciopero non piace alle nuove autorità di fatto. “Ci costringono ad aprire bottega con la forza”, ci racconta un commerciante, prima che si avvicini uno degli uomini dell’intelligence dei Talebani.

Sull’altro lato della strada, lungo-fiume, ci sono i nuovi gabbiotti per i cambiavalute ‘minori’. Tutto è più ordinato di prima. Ma ogni gabbiotto è costato al proprietario 6.000 afghanis. “E 2.000 ogni mese se ne vanno per la tassa”. I gabbiotti un po’ più grandi, per chi vende frutta o verdura, sono costati 12/15.000 afghanis, e le tasse sono ancora più alte. “Non ce la facciamo mica a pagare tutti questi soldi”, si lamentano in molti.

Il quartiere dei musicisti è irriconoscibile. “Qui accanto c’era un negozio di strumenti, di là pure”. “Io suonavo il rabab. E’ una tradizione di famiglia: ma non possiamo più farlo. Che facciamo? Ci arrangiamo”.

Alla moschea di Ayoub Saber, il giorno dopo l’attentato, dopo qualche incertezza il custode ci fa entrare. Il cancello è chiuso con un lucchetto. Appena entrati, a sinistra del cancello, un mucchio di vestiti, scarpe e ciabatte. Appartengono alle vittime dell’attentato. “Dentro c’erano una cinquantina di persone, una quindicina in fila. L’esplosione era contro il mullah. Non era il mullah di qui. Veniva da Ghazni. Parlava contro i wahabiti. L’obiettivo era lui”. Ma ci sono stati “altri 5-6 feriti”. Dentro, la moschea è stata ripulita. Poggiati sui muretti accanto alle finestre ancora rotte, copie di Corano con calcinacci. Sul patio esterno, i tappeti rimossi. Fuori, un giardino ben curato, con rose di tutti i colori. Vicino alla moschea, una latteria. “Io c’ero e c’era anche lui, il mio amico. Perché abbiano colpito proprio qui, proprio quel mullah non voglio dirlo. Oggi sono venuti dei giornalisti afghani. Usciti dalla moschea, una macchina li ha portati via di forza”.

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