Il governo Macron prova a gettare le basi per un "islam francese" - Tempi

2022-10-01 14:56:53 By : Ms. Maggie Yi

Oscillano fra il perplesso e il negativo le reazioni della grande stampa francese alla prima convocazione, sabato scorso 5 febbraio, del Forum de l’Islam de France (Forif), istituzione voluta dal governo francese per sostituire il vecchio Consiglio francese del culto musulmano (Cfcm), creato nel 2003 da Nicolas Sarkozy quando era ministro degli Interni. Secondo le autorità francesi la rifondazione si è resa necessaria in seguito alla paralisi che aveva colpito il Consiglio a causa dei conflitti fra le sue principali componenti. Tuttavia la decisione di ripartire da zero con un’entità i cui esponenti sono tutti nominati dal ministro degli Interni, mentre prima in buona parte erano eletti dai musulmani francesi, lascia adito ad accuse di interferenza dello Stato nell’organizzazione di un culto religioso, in un paese dove la separazione fra le Chiese e lo Stato dovrebbe essere totale, in forza della legge approvata nel 1905.

Liberation ospita un intervento di Amar Dib, già consigliere speciale del rettore della Grande Moschea di Parigi, che punta il dito contro l’attuale ministro degli Interni Gérald Darmanin per avere sciolto il Cfcm «unilateralmente, senza  consultare i musulmani e con molto disprezzo (…). Un’iniziativa sorprendente nella misura in cui questo stesso ministro non ha mai cessato di ricordare ai musulmani in questi ultimi anni come sia necessario che si pieghino alle esigenze della laicità e alla separazione dei poteri. Ora Gérald Darmanin, decretando la scomparsa del Cfcm e improvvisandosi “Mufti della Repubblica” ha evidentemente infranto questa regola elementare e intangibile».

L’Express definisce il Forif «un oggetto volante non identificato, la cui utilità resta da dimostrare», «una rivoluzione auspicata dall’esecutivo ma che lascia molti osservatori dubbiosi circa la sua legittimità e la sua utilità». Le Figaro critica tutto il processo alla radice: «In ogni caso ci troviamo di fronte a battaglie perdute. La prima è quella di un impressionante immobilismo. Il Forif è certamente diventato l’interlocutore dello Stato, ma i temi trattati – statuto degli imam, cappellani musulmani nelle carceri, finanziamento – o le questione poste al ministro Darmanin alla fine della seduta – fiscalità, aree musulmane nei cimiteri – ricordano problematiche già discusse al tempo dei primi faccia a faccia dello Stato col mondo musulmano condotti da Pierre Joxe, allora ministro degli Interni, nel 1990! I musulmani stessi riconoscono che questi dossier non hanno fatto progressi. Un terzo di secolo di discussioni, di colloqui con esponenti di differenti maggioranze di governo sembra non essere servito a nulla. La miglior prova è che questo immobilismo è il motore della volontà governativa di riprendere da zero questi dossier dell’islam di Francia, secondo una modalità pragmatica, con una nuova generazione di attori sul terreno e non più con portaparola nazionali. Staremo a vedere…».

L’iniziativa del Forif nasce dalla volontà largamente condivisa nel mondo politico transalpino di farla finita con “l’islam dei consolati” e di gettare le basi di un “islam francese”. Il Cfcm è stato fin dall’inizio lottizzato da otto federazioni diverse facenti capo a tre stati esteri: Algeria, Marocco e Turchia. In aggiunta a ciò ha avuto un ruolo ambiguo l’Uoif, oggi Musulmans de France, organizzazione di facciata dei Fratelli Musulmani. A fornire al governo francese dei buoni motivi per chiudere il Consiglio è stato il Cfcm stesso, portato alla paralisi dagli scontri fra le varie anime.

Nel gennaio dell’anno scorso la Carta dei princìpi del Consiglio nazionale degli imam stilata in seno al Cfcm, che condannava apertamente l’islam politico, è stata bocciata dai rappresentanti delle due federazioni turche (la Confederazione islamica Mili Görüs e il Ditib) e di quella indo-pakistana Fede e Pratica, egemonizzata dal movimento Tabligh, che si sono rifiutate di firmarla. Una seconda rottura si è verificata il successivo 17 marzo quando il consiglio esecutivo del Cfcm si è riunito per deliberare sul metodo di nomina dei cappellani musulmani nelle carceri.

Hanno abbandonato il tavolo della discussione per un “ritiro definitivo” quattro federazioni: la Grande Moschea di Parigi (sotto controllo algerino), il Rassemblement des musulmans de France (Rmf), che raggruppa una parte dei marocchini, l’ex Uoif e la Federazione francese delle associazioni islamiche d’Africa, Comore e Antille. Le condizioni per la dissoluzione ufficiosa del Cfcm erano mature: il 12 dicembre scorso Gérald Darmanin dichiarava che «Il Cfcm, per i poteri pubblici, non esiste più, non è più l’interlocutore della Repubblica». A quel punto ministro e capo dello Stato avevano già messo a punto il progetto del Forif, che Le Monde illustra così:

«Dopo molte incertezze, il governo ha optato per un nuovo modello, ispirato alla Deutsche Islam Conferenz tedesca. Si tratta di creare delle regolazioni piuttosto che un’istituzione, dei “format di dialogo” piuttosto che una struttura. Il panel è stato costituito dagli agenti dello Stato. Il ministro degli Interni ha chiesto a ogni prefetto di fornirgli i nomi di due-tre personalità conosciute per le loro competenze e per la loro capacità di avanzare proposte. Fra questi 2-300 nomi il ministero degli Interni ne ha trattenuti una sessantina, ai quali ha aggiunto una quarantina di “personalità qualificate”. (…) Il Forif non avrà dunque né presidente né segreteria permanente. È composto di gruppi di lavoro tematici. Oggi essi sono quattro, consacrati ai cappellani nelle carceri, allo statuto degli imam, all’applicazione della legge contro il separatismo approvata l’anno scorso, alla sicurezza dei luoghi di culto e agli atti anti-musulmani. Sono destinati a modificarsi nel numero e nella composizione in funzione delle questioni da trattare».

L’assetto di partenza appare decisamente inadeguato. La legge contro il separatismo prevede che a partire dal 2024 non sarà più possibile importare imam formati all’estero, ma non precisa chi pagherà la formazione degli imam indigeni. Al summit del 5 febbraio il punto non è stato trattato per non provocare rotture immediate. Altro tema divisivo all’interno del mondo islamico francese è il controllo della filiera halal, monopolizzato attualmente da tre sole moschee che decidono a chi assegnare la tessera di macellatore riconosciuto. Nemmeno su questo argomento è stato costituito un gruppo di lavoro. Il Forif ha inaugurato i suoi lavori nascondendo parecchia polvere sotto il tappeto.

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